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domenica 1 luglio 2012

LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI


E’ noto a tutti che la terra ruota su se stessa e contemporaneamente percorre una traiettoria ellittica intorno al Sole. Questi due moti, detti rispettivamente di rotazione e di rivoluzione, sono i più conosciuti ed importanti del nostro pianeta, e tra l’altro determinano l’alternarsi del giorno e della notte ed il ciclo delle stagioni (quest’ultimo è anche conseguenza dell’inclinazione dell’asse terrestre); non sono però gli unici, in quanto l’interazione gravitazionale con gli altri corpi del sistema solare, unita al fatto che il nostro pianeta non ha forma perfettamente sferica, è causa di altri moti minori. Di questi, il più importante è la precessione degli equinozi, che consiste nella variazione dell’orientazione dell’asse terrestre rispetto ad un sistema di riferimento solidale con le stelle fisse.


Si usa in genere paragonare questo moto a quello di una comune trottola (fig. 1); il
principio fisico è infatti lo stesso: per effetto dell’azione di una forza esterna, l’asse di rotazione
ruota intorno ad un altro asse, che nel caso della Terra è la normale all’eclittica mentre nel caso
della trottola è la direzione della forza peso, mantenendo costante l’angolo relativo. La durata di un
ciclo completo di precessione, ovvero il tempo che l’asse di rotazione impiega per compiere un giro
intorno all’altro asse, per il nostro pianeta è di circa 25.700 anni.

Figura 1 Il moto di precessione della Terra paragonato a quello di una comune trottola


 Il moto di precessione dell’asse terrestre ha diverse conseguenze: lo spostamento dei poli celesti, lo
spostamento dei punti equinoziali lungo l’eclittica (da cui deriva il nome di precessione degli
equinozi), la diversa durata del ciclo delle stagioni (anno tropico) rispetto all’anno siderale.

Scoperta della precessione

La scoperta della precessione è di solito attribuita a Ipparco di Nicea o Rodi (fig. 2)(ca. 190 a.C. -
ca. 120 a.C.), astronomo greco fra i maggiori dell’antichità, anche se da alcuni è stata avanzata
l’ipotesi che il fenomeno potesse essere già noto agli astronomi di culture precedenti, come i
babilonesi o gli egizi.

 Figura 2: Ipparco di Nicea, scopritore della precessione


Nessuno degli scritti di Ipparco ci è pervenuto direttamente, ma diverse sue opere sono menzionate
da Tolomeo nell’Almagesto. In particolare la scoperta della precessione è descritta in “sullo
spostamento dei punti solstiziali e equinoziali” (Almagesto III.1 e VII.2). Ipparco misurò le
coordinate eclittiche (λ,β) della stella Spica (α Virginis) durante un’eclisse di Luna e trovò che essa
si trovava a circa 6° ad ovest del punto dell’equinozio d’autunno (punto Omega, che si trova
esattamente a 180° dal punto dell’equinozio di primavera o punto Gamma, rispetto al quale
solitamente si misurano le longitudini). Confrontando i suoi dati con quelli, risalenti a 144 anni
prima, dell’astronomo babilonese Timocharis, egli trovò che la latitudine β era rimasta invariata,
mentre la longitudine λ era cresciuta di circa 2°. Tale variazione di λ e costanza di β fu ben presto
riscontrata in altre stelle prossime all’eclittica (la cui longitudine era più facile da misurare). Le
spiegazioni possibili erano due: o le stelle si erano spostate tutte insieme dello stesso angolo oppure
era stato il punto di riferimento usato per le misure, il punto equinoziale Gamma, a spostarsi. Dalla
variazione di 2° della longitudine e dalla costanza della latitudine in un arco temporale di 144 anni,
Ipparco dedusse che il punto Gamma si era spostato lungo l’eclittica in verso retrogrado, ovvero
verso Ovest, di circa 46″ all’anno (il valore reale è 50″,3 per anno). Nella concezione geocentrica di
Ipparco e Tolomeo, la precessione venne spiegata in termini di movimento della sfera delle stelle
fisse, che ruoterebbe lentamente attorno ai poli dell’eclittica. Ma perché Ipparco aveva bisogno di
un’eclisse di Luna per effettuare le sue misure? Egli aveva sviluppato un metodo che gli consentiva
di sapere in ogni momento le coordinate del Sole; la Luna al culmine di un’eclisse è esattamente a
180° dal Sole, per cui una misura dell’arco longitudinale separante il centro della Luna da Spica
permetteva di ricavare la distanza fra Spica ed il Sole e di conseguenza le sue coordinate.

La prima interpretazione della precessione come conseguenza della variazione dell’orientazione
dell’asse terrestre si deve a Copernico (de revolutionibus orbium coelestium (1543): la
retrogradazione di Gamma è dovuta alla rivoluzione dell’asse attorno alla normale al piano eclittico,
mantenendo costante l’angolo relativo di 23°27′. La spiegazione fisica della precessione in termini
di interazione gravitazionale fra la Terra e gli altri corpi del Sistema Solare, in particolare la Luna
ed il Sole, è dovuta a Isaac Newton (philosophiae naturalis principia mathematica (1687)). La
teoria di Newton esposta nei Principia prevedeva anche che il moto di precessione fosse
accompagnato da lievi oscillazioni periodiche sia della velocità di retrogradazione che della
obliquità, oscillazioni dette collettivamente nutazione, dovute al fatto che le forze agenti sulla Terra
non sono costanti. Tali oscillazioni furono poi effettivamente osservate dall’astronomo inglese
Bradley nella prima metà del XVIII secolo. Esse avevano però ampiezza molto maggiore di quanto
aveva previsto Newton; il fisico inglese aveva infatti sottostimato il contributo della Luna alla 
precessione. 

La trattazione matematicamente rigorosa dei moti di precessione e nutazione si deve ai
matematici del XVIII secolo, fra i quali spiccano i nomi di D’Alembert e Eulero.

Spiegazione della precessione

Come già anticipato, il moto di precessione avviene a causa della forza di gravità e del fatto che la
Terra non è perfettamente sferica: a causa del moto di rotazione, essa infatti ha assunto una forma
approssimabile ad un ellissoide di rotazione schiacciato ai poli. Fu Newton il primo ad intuire il
legame fra la forma della Terra ed il fatto che essa possiede un moto di precessione. Seguiamo il
suo ragionamento, concentrando per il momento l’attenzione soltanto sull’interazione fra la Terra
ed il Sole.

Consideriamo innanzitutto il caso in cui la Terra sia perfettamente sferica ed abbia simmetria
radiale; supponiamo quindi che la sua densità ρ sia dipendente solo dalla distanza dal centro e non
dalla longitudine o latitudine.

Figura 3 Interazione gravitazionale Sole-Terra nel caso di Terra suppostaperfettamente sferica; a causa della
simmetria si ha solo il moto di rivoluzione


Come si vede in figura 3, per ogni punto P della sfera, sul quale il Sole esercita una forza F (più
propriamente P è un piccolo volumetto dV che contiene la massa dm = ρdV), è possibile prendere
un punto Q, simmetrico rispetto alla congiungente Terra-Sole, posto alla stessa distanza dal Sole e
sul quale quindi agisce la stessa forza F. La forza agente su P tende a causare sia una traslazione che
una rotazione della Terra, rispettivamente verso il Sole e intorno al centro di massa terrestre; la
forza agente su Q tende a causare una uguale traslazione verso il Sole ma una rotazione uguale ed
opposta. La conseguenza dell’applicazione simultanea di entrambe le forze è una forza risultante
applicata nel centro di massa, che causa soltanto una traslazione, mentre non induce alcuna
rotazione. Ragionando alla stessa maniera per tutti i punti che compongono la sfera, prendendoli
cioè opportunamente a coppie, si avrà che la risultante delle forze di attrazione esercitate dal Sole
sui volumetti di materia che compongono la Terra sarà una forza applicata nel centro di massa, che
causa il moto di rivoluzione, senza alcuna rotazione. La forza esercitata dal Sole non altera quindi in
alcun modo la rotazione propria della Terra, che continua indisturbata con la stessa velocità ed
orientazione dell’asse.

La situazione è diversa se si considera la Terra non perfettamente sferica; in questo caso l’ellissoide
di rotazione si può schematizzare come composto da una sfera interna più un rigonfiamento
equatoriale. (figura 4)

Figura 4 A causa del rigonfiamento equatoriale, la forza di attrazione gravitazionale del Sole tende a far ruotare la Terra intorno ad un asse che in generale giace sul piano equatoriale

Per quanto riguarda i punti interni alla sfera, valgono le considerazioni svolte precedentemente: essi
contribuiscono solo al moto di rivoluzione. Sia P invece un punto del rigonfiamento equatoriale:
come si vede nella figura, in questo caso il punto simmetrico rispetto all’asse Terra-Sole non
appartiene al rigonfiamento, per cui non si ha la compensazione osservata in precedenza.

Consideriamo il punto Q, simmetrico rispetto al centro della Terra, e valutiamo le forze agenti su P
e Q. Il punto P è più vicino al sole, e quindi la forza F1 esercitata su di esso sarà maggiore rispetto
alla forza F2 agente su Q. Le due forze in questo caso sono equivalenti ad una forza applicata nel
centro di massa più una coppia di forze che tende a far ruotare la Terra. Sommando i contributi di
tutti i punti del rigonfiamento equatoriale, il risultato complessivo è una forza risultante che
contribuisce al moto di rivoluzione più una coppia il cui momento giace sul piano equatoriale. Nelle
figure sono riportate le posizioni relative di Terra e Sole nei giorni dei solstizi; come si vede, in
entrambi i casi la coppia di forze tende a riportare il piano dell’equatore sul piano dell’orbita,
ovvero a ridurre l’inclinazione dell’asse terrestre.

Figura 5a Interazione gravitazionale Sole-Terra; situazione al solstizio d’estate. La grandezza più importante per quantificare l’azione della coppia è il momento M, il cui modulo vale M=F⋅b (b è il braccio della coppia, definito come la distanza fra le rette sulle quali giacciono le 2 forze)


Figura 5b Interazione gravitazionale Sole-Terra; situazione al solstizio d’inverno


La coppia di forze non è però sempre uguale nel tempo: il suo momento è massimo ai solstizi e
nullo agli equinozi, assumendo valori intermedi negli altri periodi.
Ma perché l’asse terrestre precede, invece di orientarsi semplicemente nella direzione ortogonale al
piano dell’orbita? A questo proposito paragoniamo nuovamente il moto della Terra a quello di una
comune trottola: se sulla trottola agisce la forza di gravità, notiamo che tale forza tende a farla
cadere ed essa effettivamente cade, a meno che non sia in rapida rotazione. E’ la rotazione, dunque,
che impedisce alla trottola di cadere ed alla Terra di disporsi con l’equatore parallelo al piano
dell’orbita.

Precessione e nutazione

Come abbiamo detto in precedenza, il momento della coppia di forze che causa la precessione non è
costante, ma varia da un minimo di zero ad un massimo in corrispondenza dei solstizi. In generale il
momento si può considerare composto di due componenti: una, tangente al cono descritto dall’asse
terrestre, che causa la precessione, ed un’altra che tende a far avvicinare o allontanare l’asse alla
normale al piano dell’orbita (dipende da come l’asse è orientato rispetto al Sole). Questa
componente causa una oscillazione periodica dell’inclinazione dell’asse intorno al valore medio di
23°27′, che viene detta nutazione.

Figura 6 I moti di rotazione (verde), precessione (blu) e nutazione (rosso)



Precessione Luni-solare

Fino a questo momento abbiamo focalizzato l’attenzione sull’interazione gravitazionale Sole-Terra,
e sul contributo di questa alla precessione. Però, contrariamente a quello che l’intuizione ci
suggerisce, non è dal Sole che viene il contributo maggiore alla precessione, bensì dalla Luna.
Infatti, anche se la forza esercitata dal Sole sulla Terra è di circa 2 ordini di grandezza maggiore
rispetto a quella esercitata dalla Luna, non è la forza di attrazione gravitazionale in sé a determinare
la precessione, ma il fatto che essa varia da punto a punto, essendo massima per le regioni della
Terra più vicine al Sole (rispettivamente alla Luna) e minima per quelle più lontane. La precessione
dipende quindi dal gradiente della forza gravitazionale.

Come è noto, la forza di attrazione gravitazionale fra due corpi di massa m1 ed m2 posti a distanza r
è data dalla legge di gravitazione universale:


Si dimostra che se una forza è inversamente proporzionale a r2, come è il caso della forza
gravitazionale, allora il gradiente sarà inversamente proporzionale a r3. Il fatto che la distanza del
Sole dalla Terra sia quasi 500 volte maggiore della distanza Luna-Terra fa si che il contributo del
Sole alla precessione sia inferiore a quello della Luna.

Considerando soltanto l’apporto del Sole, la velocità di precessione sarebbe di 15″,8 per anno, a
fronte di un valore totale di 50″,3 per anno. I termini dovuti ai pianeti, fra i quali il maggiore è
quello di Venere, sono trascurabili per cui si usa l’espressione “precessione luni-solare”.
Anche per quanto riguarda la nutazione, il contributo principale viene dalla Luna e non dal Sole; il
moto di nutazione complessivo è molto complesso, comprendendo numerosi termini fra i quali uno
periodico con il semi-anno solare ed uno con il semi-mese lunare. Il termine più importante, che
sfuggì all’analisi di Newton, è dovuto al fatto che il piano dell’orbita lunare è inclinato rispetto
all’eclittica, formando con essa un angolo di 5°,14, e che tale piano precede rispetto all’eclittica con
un periodo di 18,6 anni; la linea dei nodi, ovvero l’intersezione del piano dell’orbita lunare con
l’eclittica, vista dal Polo Celeste Nord appare ruotare in senso orario, compiendo un giro completo
in 18,6 anni. Di conseguenza anche la coppia lunare varia con lo stesso periodo, causando la
cosiddetta nutazione principale, scoperta da Bradley.

 Figura 7 La precessione del piano dell’orbita lunare è la causa della nutazione principale

Conseguenze della precessione
 
 Cambiamento della Stella Polare
Polaris, α Ursae Minoris, è una stella ben nota anche ai non esperti di astronomia, ma sua fama non
è certo dovuta alla sua grande brillantezza: essa, infatti, occupa soltanto la 48esima posizione nella
classifica delle stelle più brillanti, con una magnitudine apparente di 1.97 (variabile). Presso tutti i
popoli dell’emisfero Nord, Polaris è però conosciuta come la stella che indica il Nord, la Stella
Polare, la più vicina al Polo Celeste Nord (PCN), la stella che rimane pressoché immobile mentre
tutte le altre appaiono ruotare nel cielo notturno. Ma Polaris non occupa da sempre quella posizione
privilegiata, né la occuperà per sempre in futuro, e questo proprio a causa della precessione. I Poli
celesti sono infatti le intersezioni del prolungamento dell’asse terrestre con la sfera delle stelle fisse;
se l’orientazione dell’asse cambia allora cambiano anche le posizioni dei poli. L’asse si muove
lentamente e va a puntare stelle diverse, che assumono via via il ruolo di “stelle polari”, assegnato
alla stella più brillante che sia prossima al PCN in una data epoca.

 Figura 8 Posizioni del Polo Celeste Nord (i numeri indicano le date). Il PCN nel corso di un ciclo
di precessione descrive un cerchio intorno al polo dell’eclittica

Per esempio nel 3000 a.C. la stella polare era la debole Thuban, nella costellazione del Dragone;
con una magnitudine di 3.67 era cinque volte più debole della polare di oggi. Nel 14000 d.C. l’asse
terrestre punterà in direzione di Vega, che con la sua magnitudine di 0.03 sarà la stella più brillante
ad assumere il ruolo di stella polare, anche se la sua distanza minima dal PCN non sarà inferiore ai
5°. In altre epoche il PCN cadrà in regioni di cielo povere di stelle brillanti, così come accade ai
nostri giorni per il Polo Sud celeste, cosicché non ci sarà un’unica stella a servire da riferimento per
individuare il Nord.

Ma cosa vedrebbe un ipotetico osservatore capace di scrutare il cielo per millenni? La sfera delle
stelle fisse, oltre a ruotare intorno ai poli celesti (per effetto della rotazione terrestre), gli
apparirebbe compiere una lenta rotazione intorno ai poli dell’eclittica, per tornare dopo 25700 anni
nella posizione iniziale.

Spostamento dei punti equinoziali

I punti equinoziali Gamma (equinozio di primavera o punto vernale o primo punto d’Ariete)
ed Omega (equinozio d’autunno o punto di Libra) sono definiti come le intersezioni dell’eclittica
con l’equatore celeste. La precessione degli equinozi influisce sulla posizione dell’equatore celeste,
lasciando invece invariata l’eclittica: così come l’asse terrestre, anche il piano dell’equatore celeste
precede intorno alla normale al piano eclittico, attraversando quindi regioni diverse della sfera
celeste in epoche diverse.

L’eclittica, invece, rimane stabile: le costellazioni zodiacali, attraversate dal Sole e dagli altri
pianeti, sono sempre le stesse e dipendono dall’orientazione del piano dell’orbita dei pianeti rispetto
alle stelle fisse, orientazione che si mantiene pressoché invariata nel tempo.

A causa della mobilità dell’equatore celeste e stabilità dell’eclittica si ha che le loro intersezioni,
ovvero i due punti equinoziali, si spostano lungo l’eclittica con velocità angolare uguale a quella
della precessione dell’asse terrestre, ovvero 50″,3 all’anno. Essi percorrono l’intera eclittica in circa
25.700 anni, attraversando tutte le costellazioni zodiacali: il punto Gamma, per esempio, si trovava
5000 anni fa nella costellazione del Toro, nei pressi della stella Aldebaran; dopo essere transitato
nella costellazione dell’Ariete, esso si trova ora in quella dei Pesci, e passerà nell’Acquario a partire
dall’anno 2597 d.C.

 Figura 9 La posizione del punto Gamma (in rosso) in tre epoche diverse. Attualmente si trova ancora nella
costellazione dei Pesci



Poiché il punto Gamma è usato ancora oggi come punto di riferimento per la misura delle
coordinate degli oggetti celesti, il suo spostamento causa la variazione delle coordinate, sia
eclittiche che equatoriali; per questa ragione i cataloghi stellari riportano l’epoca alla quale le
coordinate si riferiscono. Attualmente l’epoca standard utilizzata è la J2000.0, che corrisponde all’1
Gennaio 2000.

Lo spostamento dei punti equinoziali ha conseguenze anche nel campo dell’astrologia. Ai tempi di
Tolomeo il punto Gamma si trovava al principio della costellazione dell’Ariete, al confine fra Toro
e Ariete, da cui la denominazione di “primo punto d’Ariete”; risale a quel tempo la divisione della
regione di cielo intorno all’eclittica nelle 12 costellazioni zodiacali così come le conosciamo oggi,
che il sole attraverserebbe in un mese ciascuna (ignorando del tutto la tredicesima costellazione
attraversata dal Sole, ovvero l’Ofiuco). In verità, sebbene ancora oggi si usa dire che i nati dal 21
Marzo al 20 Aprile siano “del segno dell’Ariete”, questo non corrisponde più alla posizione del
Sole, che transita in quel periodo nella costellazione dei Pesci; soltanto il 19 Aprile il Sole entra
effettivamente in Ariete. Lo stesso vale per tutti i segni: il segno “effettivo” attraversato dal Sole è
quello che precede il segno riportato negli oroscopi, per cui, ad esempio, il giorno dell’equinozio
d’Autunno il Sole non entra nella costellazione della Bilancia ma si trova in quella della Vergine e
così via.

Anno siderale e anno tropico

Comunemente intendiamo per anno il tempo che la terra impiega a compiere un giro intorno al
Sole, ma in astronomia distinguiamo due diversi anni, l’anno siderale e l’anno tropico, che a causa
della precessione hanno durata diversa fra loro.

L’anno siderale è il tempo che il Sole impiega per ritornare nella stessa posizione rispetto alle
stelle fisse della sfera celeste, ed è equivalente al periodo orbitale della Terra.

L’anno tropico è invece il tempo che il Sole impiega a tornare nello stesso punto lungo l’eclittica
rispetto ai punti equinoziali, e corrisponde quindi al ciclo delle stagioni. A seconda del punto che si
sceglie, la durata dell’anno tropico varia leggermente; si usa effettuare una media su tutti i punti
dell’eclittica (anno tropico medio).

La differenza di definizione fra l’anno siderale e l’anno tropico rispecchia due modi diversi di
misurare la lunghezza dell’anno utilizzati nell’antichità: il primo fa riferimento alla posizione delle
stelle, il secondo all’altezza del Sole.

La durata dei due anni, a causa della precessione, non è la stessa. I punti equinoziali si spostano
infatti di 50”,3 ogni anno, così il Sole ripassa per lo stesso punto dell’eclittica dopo aver percorso
360° - 55”,3 anziché 360°. Ne segue che l’anno tropico dura circa 20 minuti in meno rispetto
all’anno siderale, pari a circa un giorno ogni 70 anni. La durata media dell’anno siderale è di
365,25636 giorni (365g 6h 9m 10s) mentre quella dell’anno tropico è 365,2422 giorni (365g 5h
48m 45s). Il calendario Gregoriano, adottato da quasi tutti i paesi del mondo, si basa sull’anno
tropico, in modo tale che l’inizio delle stagioni cada sempre negli stessi giorni e non sia invece
variabile con gli anni.


dott. Angelo Mascialino


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