Lucifero rappresenta una delle più comuni denominazioni ai nostri giorni per indicare la personificazione del Male - alrimenti nota come Satana, o il Diavolo. Si ritiene inoltre che Lucifero rappresenti la specifica divinità a cui è diretta la segreta devozione dei Gesuiti, ovvero la più potente organizzazione militare e spirituale della storia umana.
Il Gesuita Papa Francesco e Lucifero – Le Origini dell’Ordine Militare del Nuovo Pontefice: Francesco Borgia, Ignazio di Loyola e Francesco Saverio
Articolo realizzato e pubblicato da: Connessione Cosciente il 29 marzo 2013
Traduzione: Heimskringla
LUCIFERO
Elementi Chiave
Altri Nomi: Fr. Francesco Borgia
Anno di Origine del Culto: 71 dopo Cristo, ripristinato e riformato tuttavia dai Gesuiti nel 1571
Collocazione: Roma, Chiesa del Gesù
Principali Luoghi di Culto: Roma, Chiesa del Gesù; tutte le Chiese Gesuite fondate sullo stesso design della Chiesa del Gesù
Adorazione: dal 1571 ad oggi
Altri Nomi: Fr. Francesco Borgia
Anno di Origine del Culto: 71 dopo Cristo, ripristinato e riformato tuttavia dai Gesuiti nel 1571
Collocazione: Roma, Chiesa del Gesù
Principali Luoghi di Culto: Roma, Chiesa del Gesù; tutte le Chiese Gesuite fondate sullo stesso design della Chiesa del Gesù
Adorazione: dal 1571 ad oggi
Lucifero
rappresenta una delle più comuni denominazioni ai nostri giorni per
indicare la personificazione del Male – altrimenti nota come Satana, o
il Diavolo. Si ritiene inoltre che Lucifero rappresenti la specifica
divinità a cui è diretta la segreta devozione dei Gesuiti, ovvero quella
della più potente organizzazione militare e spirituale della storia
umana.
Il termine
“Lucifero”, e il suo utilizzo indirizzato a descrivere il supremo tra
gli spiriti del male, è relativamente recente (risale a meno di 700 anni
fa) – avendo avuto origine nel XIV secolo ed avendo acquisito
popolarità a partire dal 1667 in avanti, successivamente alla pubblicazione del poema epico “Il Paradiso Perduto” ad opera di John Milton.
Etimologia del termine “Lucifero”
Lucifero
è un termine Latino che significa ‘portatore di Luce (colui che porta
la Luce)’ (Light-Bringer/Luci-fero)(derivante dal termine ‘lux’, ovvero
luce, e dal verbo ‘ferre’, ovvero ‘portare con sè, portare’). Era
comunemente utilizzato per indicare il pianeta Venere, detto anche la
“Stella del Mattino”.
Cicerone (106-43 avanti Cristo) scrisse:
“La stella
Venere è nota come Φωσφόρος (phosphoros) in Greco e Lucifero in Latino
quando precede il Sole, e come Espero quando segue il Sole.”
Plinio il Giovane (23-79 dopo Cristo) scrisse:
“La stella
nota come Venere… quando sorge al mattino (prima del Sole), viene
definita Lucifero… mentre quando risplende al tramonto (dopo il Sole),
viene definita Vespro.”
Contrariamente
alla disinformazione in atto a livello popolare, tale termine non è mai
stato associato al male sino alla fase finale del secolo XVI.
Ad
esempio, San Girolamo (347-420 dopo Cristo) utilizzò il termine in due
occasioni nella sua traduzione e principale rielaborazione della Bibbia
di Nicea in Greco nell’ottica della creazione della Bibbia Cattolica
nota come Vulgata.
La prima
occasione in cui Girolamo utilizzò il termine è in Isaia 14:12, in cui
il titolo ‘Stella del Mattino’ viene attribuito a un tirannico re
Babilonese.
La seconda
occasione in cui Girolamo utilizzò il termine, è nel suo riadattamento
di Pietro 2 1:19, allo scopo di tradurre il termine Greco ‘Phosphoros’,
che ha appunto lo stesso significato letterale, quello di ‘portatore di
luce’ (light-bringer), attribuito a Lucifero.
Primo caso in assoluto di testo scritto in cui viene operata l’associazione tra Lucifero e il Principe delle Tenebre
La
prima registrazione storica accertata relativa all’utilizzo del termine
“Lucifero” quale denominazione attribuita alla suprema incarnazione del
male è riconducibile a Dante Alighieri, che scrisse il suo poema epico
“La Divina Commedia” utilizzando quel termine quale denominazione
ulteriore di Satana.
La Divina
Commedia non era nè ben nota, e neppure un’opera famosa all’epoca di
Alighieri, nè lo fu nei decenni successivi. Fu soltanto con la ristampa
dell’ultimo manoscritto sopravvissuto, noto come la “Divina”, ad opera
di Giovanni Boccaccio (1313-1375), che il mondo ebbe la possibilità di
conoscere Dante e la sua visione relativa al paradiso, al purgatorio e
ai cerchi dell’inferno.
Sfortunatamente,
nessun manoscritto originale de “La Divina Commedia” esiste, se non
quello che dobbiamo all’opera di Giovanni Boccaccio. In ogni caso, ci
sono evidenti prove a suggerire che l’opera fu progressivamente
rieditata e perfezionata nel corso dei secoli successivi allo scopo di
incorporare gli ultimissimi aggiornamenti a proposito di Papi e di
famiglie papali dalle attitudini sinistre – tra le quali nessuna poteva
stare alla pari dei “Borgia”.
Sebbene
le moderne traduzioni della Divina Commedia abbiano oramai
deliberatamente modificato la denominazione dei livelli più infimi
dell’inferno o ‘Borge’ (Borgia), nel termine mai adeguatamente descritto
e privo di significato di ‘Bolge’, è praticamente accertato che il
poema abbia acquisito considerevole notorietà solo successivamente
all’osceno Papato di Rodrigo Borgia (Papa Alessandro VI, 1492-1503).
Non vi sono
dubbi sul fatto che l’opera sia stata ben nota tra i circuiti dell’elite
nel corso della vita di Francesco Borgia (1510-1572) – l’effettivo
finanziatore e fondatore dei Gesuiti. Allora come oggi, i Papi Borgia
sono e restano sinonimi della manifestazione stessa del male.
La vendetta dei Borgia – il revival di Lucifero
Tramite la
creazione dell’Ordine Gesuita successivamente al reclutamento di Ignazio
di Loyola, di Francesco Saverio e di altri, il Cardinale Borgia si
dimostrò una potenza politica di rilevanza assoluta. Tuttavia, nella
costituzione di un esercito di sacerdoti vincolati ad una lealtà
assoluta ed alla condotta di operazioni in cui fosse concesso di
utilizzare ogni mezzo possibile, il Cardinale Borgia preparò inoltre il
campo per la vendetta definitiva dei Borgia contro le famiglie papali
rivali, ed inoltre contro le divinità pagane tradizionalmente adorate in
Vaticano, quali Moloch e Cibele – successivamente alla morte, egli
sarebbe divenuto la più grande tra le divinità – Borgia sarebbe divenuto
Lucifero.
Piuttosto
che perseguire l’opera di fiction di Dante, e gli innumerevoli attacchi
al nome dei Borgia, il Cardinale Borgia utilizzò la segretezza e la
lealtà dell’Ordine Gesuita, e la fase in cui operò in qualità di
Superiore Generale dell’Ordine, per collocare sè stesso al vertice,
rispetto a tutti gli altri oggetti di adorazione, per ogni singolo
Gesuita .
I sacerdoti
Gesuiti avrebbero espresso la propria devozione e pregato utilizzando il
loro simbolo, IHS, inscritto su una stella risplendente – il simbolismo
più importante nelle più rilevanti chiese dell’Ordine (quali la stessa
Chiesa del Gesù) – simbolo che sarebbe stato attribuito a Ignazio di
Loyola, ma che in verità aveva avuto origine grazie all’opera del
Cardinale Borgia.
Non Dio, nè
Loyola, nè Francesco Saverio (Francisco Xavier) – bensì Borgia, è lui la
chiave essenziale per comprendere il senso e l’importanza del simbolo
dell’IHS – anche nell’ambito delle stesse mura della Chiesa del Gesù. In
basso viene mostrata un’opera d’arte essenziale, che presenta tale
simbolo del Cardinale Borgia, collocato immediatamente a ridosso
dell’altare principale, ed in grado di mostrarci quanto la sua rilevanza
sia maggiore di quella del Papa e di quella dello stesso Gesù.
Consapevolezza popolare relativamente alla denominazione Lucifero
Sebbene i
Gesuiti di livello più elevato adorino il proprio fondatore trapassato
come “Lucifero”, è stato solo successivamente alla pubblicazione
dell’opera “Il Paradiso Perduto” di John Milton, nel 1667, che il
termine “Lucifero” quale denominazione attribuita alla suprema
incarnazione del male ha cominciato a divenire comune tradizione.
Ai nostri giorni, il termine è comunemente noto – seppure erroneamente – quale sinonimo di Satana o del Diavolo.
Il defunto spirito di Francesco Borgia, l’effettivo fondatore dei Gesuiti, è e resta il primo ed unico Lucifero.
FRANCESCO BORGIA (S.J.)
Elementi Chiave
Anno di Nascita: 1510
Luogo di Nascita: Gandia, Spagna
Linea di Sangue: Borgia
Moglie: Eleonora di Castro Melo e Menezes
Figli: 8 figli
Carica: Superiore Generale (Preposto Generale della Compagnia di Gesù) (1565-1572)
Anno di Morte: 1572, il 30 Settembre
Anno di Nascita: 1510
Luogo di Nascita: Gandia, Spagna
Linea di Sangue: Borgia
Moglie: Eleonora di Castro Melo e Menezes
Figli: 8 figli
Carica: Superiore Generale (Preposto Generale della Compagnia di Gesù) (1565-1572)
Anno di Morte: 1572, il 30 Settembre
Background
Francesco
Borgia (anche noto come Borja e Borga) nacque nei pressi di Gandia,
Valencia, figlio di Juan de Borja (Giovanni Borgia), 3° Duca di Gandia, e
di Giovanna d’Aragona, a sua volta figlia di Alfonso d’Aragona,
Arcivescovo di Saragozza, il quale, a sua volta, era il figlio
illegittimo di Ferdinando il Cattolico (Ferdinando II d’Aragona) e della
sua amante Aldonza Ruiz de Iborra y Alemany. Francesco era tra l’altro
anche il pro-nipote di Papa Alessandro VI.
Già da
bambino fu inviato presso la Corte dell’Imperatore Carlo V. Nel
Settembre del 1926, all’età di 16 anni, sposò Eleonora di Castro Melo y
Menezes, appartenente alla nobiltà portoghese. Dal matrimonio nacquero 8
figli: Carlos nel 1530, Isabella nel 1532, Juan nel 1533, Alvaro
intorno al 1535, Fernando nel 1537, Dorotea nel 1538, e Alfonso nel
1539.
Fu nominato Vicerè di Catalogna e, alla morte di suo padre, Duca di Gandia.
I
Borgia, nonostante la notevole ricchezza e le cariche acquisite,
avevano continuato a perdere prestigio e influenza nell’ambito dei
salotti di potere Papali, soprattutto a partire dalla pubblicazione, per
loro tristemente nota, del poema epico “La Divina Commedia” (1316) ad
opera di Dante Alighieri, e la relativa presentazione dei Borgia stessi
tanto come frequentatori dell’Ottavo Girone dell’Inferno, quanto come
dei suoi più noti ospiti, lì impegnati al servizio di Lucifero.
L’utilizzo
da parte di Dante di un termine decisamente esoterico ed assai raramente
utilizzato, quale Lucifero, nella denominazione dell’entità demoniaca
suprema, si dimostrò decisamente singolare e provocatorio, dato che i
nomi più comuni per indicarla erano a quei tempi il Diavolo, Satana o
Belzebù. Detto questo, buona parte del pubblico a cui era destinata la
lettura delle copie della “Divina Commedia” era costituita da ricchi
mercanti o dagli stessi vescovi, per cui il termine “Lucifero”
rappresentò più che altro un giochino ad uso interno, considerato il
riferimento esplicito a Venere e di conseguenza all’adorazione della Dea
Madre.
Borgia ebbe
inizialmente modo di conoscere Ignazio di Loyola in occasione del
complotto mirato all’eliminazione di Papa Clemente VII e dell’Imperatore
Carlo V. Nel 1537, Borgia viaggiò personalmente in compagnia dei
Gesuiti in direzione di Roma – non appena Loyola e i suoi compagni
fecero ritorno da Venezia – allo scopo di incontrare Papa Paolo III. Nel
giro di tre anni, i Gesuiti furono ufficialmente riconosciuti quali
speciale “Ordine militare” della Chiesa Cattolica, in base alla Bolla
“Regimini militantis” (27 Settembre 1540). Essi sono restati una
organizzazione militare a partire da tale Bolla Papale, e continuano ad
esserlo ai nostri giorni.
Dopo
la morte di sua moglie Eleonora, nel 1546, Borgia fu maggiormente
coinvolto nella progressiva strutturazione del suo nuovo Ordine,
coadiuvato di Ignazio. Borgia ebbe un rilevante ruolo strumentale
nell’assistenza fornita alle missioni Gesuite in Oriente e nella
creazione della prima missione Gesuita con relativa colonia, a San
Paolo, che ricorreva largamente a manodopera composta da schiavi, nel
1554, e più tardi con il porto di Rio de Janeiro, adibito al traffico di
schiavi, con relativa colonia, nel 1565, grazie a personaggi quali
Emanuel Nòbrega (S.J.) e Joseph Anchieta (S.J.), e relativa milizia
Gesuita.
Quando le
condizioni di salute di Ignazio cominciarono irrimediabilmente a
peggiorare, Francesco Borgia decise che era necessario divenisse lui
stesso il Secondo Superiore Generale dell’Ordine che egli aveva
contribuito a fondare.
Nel
1554, annunciò che sarebbe entrato a far parte dei Gesuiti e fu
prontamente nominato Cardinale da Papa Giulio II. Tuttavia, gli eventi
non favorirono Francesco Borgia. Ignazio morì nel Luglio del 1556,
durante il Papato di Giovanni Pietro Carafa, in carica come Papa Paolo
IV (1555-1559). I Carafa erano stati da sempre i principali avversari di
Papa Borgia, Alessandro VI, per cui ad essere nominato Superiore
Generale fu, di lì a poco, Diego Laynez (Jaime Lainez).
Papa Paolo
IV morì nell’Agosto del 1559, e fu sostituito da Angelo de’Medici (Papa
Pio IV). In ambedue i casi, il Superiore Generale Diego Laynez sposò la
linea politica del potere dominante, risultando virtualmente
intoccabile.
Tuttavia,
quando Pio IV fece arrestare, torturò e ordinò l’esecuzione di Benedetto
Accolti e di altri membri delle famiglie Papali, in seguito a quello
che venne definito un tentativo di attentato, il Cardinale Borgia compì
la mossa decisiva, e Pio IV fu avvelenato a morte il 9 Dicembre del
1565. A pochi giorni di distanza, al Superiore Generale Diego Laynez
toccò la stessa sorte, e nella fase immediatamente successiva il
Cardinale Borgia fu all’unanimità eletto 3° Superiore Generale.
Borgia rafforzò i già notevolissimi poteri del Superiore Generale Gesuita, fino al punto di farli divenire di gran lunga i più elevati tra quelli concessi nell’ambito di qualsivoglia ordine nella storia della Chiesa Cattolica. Nei fatti, sono appunto tali norme, contenute nella Costituzione (Statuto) dei Gesuiti, che hanno portato ad attribuire al Superiore Generale dei Gesuiti il nomignolo di ‘Papa Nero’.
Esattamente come il Papa, il Superiore Generale dei Gesuiti poteva ora assolvere i sacerdoti e le nuove reclute da tutti i loro peccati, anche dai peccati di eresia e di scisma, così come dalla falsificazione di scritti apostolici. Inoltre, ai Superiori Generali, dai tempi di Borgia in avanti, è stato concesso il potere “ufficiale”, in base a una serie di Bolle Papali e di norme ad esse riconducibili, di modificare sentenze di scomunica, di sospensione e di interdizione ed inoltre di assolvere sacerdoti Gesuiti colpevoli di omicidio e bigamia.
In ogni
caso, una delle più straordinarie vittorie del Superiore Generale Borgia
fu quella di assicurarsi, sotto il Papato di Gregorio XIII, nel 1572,
il diritto per i Gesuiti di condurre attività commerciali e bancarie –
un diritto che non era più stato concesso ad alcun ordine della Chiesa
Cattolica sin dai tempi dei Cavalieri Templari, 400 anni prima.
Borgia morì in quello stesso anno, il 1572, e viene venerato come Santo della Chiesa Cattolica.
IGNAZIO DI LOYOLA S.J.
Elementi Chiave
Altri Nomi: Inigo Onaz Lòpez de Loyola
Anno di Nascita: 1491
Luogo di Nascita: Castello dei Loyola, Navarra, Spagna
Linea di Sangue: Lòpez
Sposato: No
Figli: Nessuno
Carica: Superiore Generale dei Gesuiti
Anno di Morte: 1556, 31 Luglio
Altri Nomi: Inigo Onaz Lòpez de Loyola
Anno di Nascita: 1491
Luogo di Nascita: Castello dei Loyola, Navarra, Spagna
Linea di Sangue: Lòpez
Sposato: No
Figli: Nessuno
Carica: Superiore Generale dei Gesuiti
Anno di Morte: 1556, 31 Luglio
Background
Inigo Lòpez
de Recalde nacque in una nobile e benestante famiglia presso il Castello
dei Loyola, nel Regno di Navarra, nell’odierna provincia Basca di
Guipùzcoa, in Spagna.
Nel 1511,
(Giuliano Della Rovere) Papa Giulio II dichiarò una riformata Lega Santa
contro la Francia, ordinando ai feudi a lui fedeli di fornire le truppe
necessarie. Re Giovanni III di Navarra (1484-1516) rifiutò di aderire
dichiarando neutrale il suo regno. Il risultato fu che numerose famiglie
nobili (quali quella di Inigo) fecero fronte comune con gli spagnoli
(rispondendo alla chiamata alle armi del Papa) contro il loro stesso re e
il loro stesso popolo.
Nel 1512, le
forze di Ferdinando II d’Aragona, affiancate dalla milizia della
Castiglia e dai nobili ribelli della Navarra, unirono le proprie forze
sotto il comando del Generale Fadrique Alvarez de Toledo di Castiglia
contro Re Giovanni III di Navarra, sconfiggendolo ed annettendo le
regioni meridionali della Navarra al Regno di Castiglia.
Inigo di
Loyola si comportò egregiamente in battaglia e fu nominato Comandante
alle dipendenze di Antonio Manrique de Lara, Duca di Najera e Vicerè per
conto della Castiglia (Spagna) nella Navarra occupata, operando a
partire dalla base principale di Pamplona – con il compito di rendere
più sicuro il dominio spagnolo, e soprattutto allo scopo di condurre
attività di Inquisizione nei confronti della popolazione della Navarra.
Sebbene
nessun resoconto ufficiale sia giunto sino ai nostri giorni, il dominio
di Manrique de Lara, in qualità di Vicerè Spagnolo (Castigliano), pare
si sia dimostrato particolarmente duro e crudele, dato che nel 1516 si
scatenò una rivolta generale in tutta la Navarra occupata, inclusa
Pamplona, nella quale lo stesso Manrique del Lara rimase ucciso. Inigo
di Loyola e le truppe della Castiglia sotto il suo comando, tuttavia, si
riorganizzarono e diedero la caccia ai nobili ribelli, incendiando le
loro città e distruggendo i loro castelli.
Nel 1516,
all’età di 25 anni, Inigo di Loyola fu nominato nuovo Vicerè della
Navarra occupata, al comando di numerose migliaia di soldati. Nella fase
iniziale dell’incarico, egli si dimostrò particolarmente cruento nei
confronti delle diverse centinaia di ribelli, a cui diede la caccia
servendosi delle proprie truppe e dei suoi inquisitori di fiducia,
condannandone infine a morte la quasi totalità. Dopo aver ricevuto
l’incarico, Inigo ordinò al suo luogotenente Alfonso Salmeron da Toledo
di dare il via alla costruzione di una nuova Cittadella spagnola a
Pamplona, una fortezza in grado di dimostrarsi inespugnabile di fronte
ad ogni possibile attacco.
Tuttavia, fu
l’invenzione ad opera di Inigo di un concetto innovativo noto come
“forza professionale di polizia segreta”, in termini di gerarchia,
rigoroso codice di condotta, normative ed ordini, e di
contro-spionaggio, a rappresentare il suo principale e relativamente
poco noto contributo alla civiltà.
Al
fine di controllare una popolazione decisamente ostile con risorse
limitate, Inigo commissionò al suo più affidabile responsabile di
polizia segreta, Francisco Xavier (Francesco Saverio) – anch’egli
originario della Navarra – il compito di dare vita a rigorose
istruzioni, o “regole”, grazie alle quali, tali forze di polizia segreta
avrebbero garantito la propria assoluta devozione ed addirittura il
sacrificio della “propria volontà”, allo scopo di assumere tanto il
ruolo di soldati di una milizia segreta, quanto il ruolo di guardie del
corpo e quello di assassini di “nemici dello Stato”, conducendo tuttavia
la propria esistenza in mezzo al popolo, e non all’interno di caserme.
Tale
concetto riconducibile a bande comprendenti un numero ristretto di
uomini ben addestrati in grado di vivere tra la popolazione comune e in
numerosi casi di abbigliarsi come rappresentanti di quest’ultima per
poter meglio applicare e gestire la legge e l’ordine, piuttosto che
condurre la propria esistenza in caserme in gruppi più ampi, rappresentò
un’idea assolutamente rivoluzionaria per quei tempi, dato che
contraddiceva buona parte delle più “tradizionali” teorie militari
legate all’applicazione del principio della “forza preponderante”
(overwhelming force).
In senso
stretto, Francisco Xavier (Francesco Saverio) non può essere
tecnicamente considerato il primo “Capo della Polizia”, dato che il
termine “Polizia” (dal Latino Polus= “minore” e ice=”forza d’attacco”)
non fu coniato che ai tempi di Re Francesco I, nel 1527, grazie alla
fusione delle antiche cariche di Connestabile (Constable) e Maresciallo
Sovrintendente (Marshal Provost) che diedero vita a una nuova forza da
allora nota come Polizia.
Di
così grande successo di dimostrò tale forza di polizia segreta che
Inigo di Loyola riuscì a tenere sotto controllo la Navarra con il pugno
di ferro per 4 anni, con l’aiuto dei suoi fedeli compagni, Francisco
Xavier (Francesco Saverio), Alfonso Salmeron, e Diego Laynez dalla corte
di Castiglia.
Nel 1520,
numerose importanti città del Regno di Castiglia si ribellarono contro
l’Imperatore Carlo V del Sacro Romano Impero, il nipote di Ferdinando
II – incluse le città di Valladolid, Tordesillas e Toledo. Sebbene il
compito principale del Vicerè Inigo di Loyola fosse quello di utilizzare
le sue migliaia di soldati per difendere la Navarra oramai sotto il
controllo della Spagna dagli attacchi francesi, Carlo ordinò al Vicerè
che il grosso delle sue truppe fossero spostate in direzione sud per
contribuire a domare la ribellione interna alla Castiglia passata alla
storia come la “Rivolta dei Comuneros”.
Enrico
II di Navarra, percependo una possibilità unica, si impegnò a reclutare
immediatamente un’armata francese di oltre 14.000 uomini guidati dal
Generale Asparros, che avviò l’invasione nel 1521. Nella Navarra
occupata, scoppiarono immediatamente le prime rivolte, che misero in
decisa difficoltà Inigo di Loyola, il quale si ritrovò soltanto con
poche migliaia dei suoi soldati, circondato nella propria Cittadella a
Pamplona, oltre a poter contare sulle forze costituite dalla sua polizia
segreta. Contrariamente alla storia successivamente rivista e corretta,
la Cittadella riuscì a resistere nel corso della Battaglia di Pamplona –
nell’ambito della quale il Vicerè Inigo di Loyola rimase gravemente
ferito – battaglia che terminò intorno al Maggio del 1521, in parte
grazie alla contro-guerriglia coordinata da Francisco Xavier (Francesco
Saverio), nel suo ruolo di capo delle forze di polizia segreta e
responsabile dei leali membri della propria compagnia resasi
praticamente “invisibile” nell’ambito della locale popolazione.
In ogni
caso, l’occupazione francese di Pamplona non sarebbe durata a lungo. Nel
Luglio del 1521, un grande esercito, proveniente dalla Castiglia,
sconfisse il Generale francese Asparros, riconquistando la Navarra
meridionale, inclusa Pamplona. Gravemente ferito, Inigo non fu più in
grado di ricoprire la carica di Vicerè e fece ritorno al feudo di
famiglia per riprendersi e curarsi.
Viene
sostenuto che Inigo si sia avvicinato alla religione a partire dal 1522,
nel corso del suo periodo di riposo e recupero forzato. Considerato il
suo passato di tiranno brutale e sadico, è assai più probabile che, nel
corso di tale periodo, egli abbia decisamente raffinato le proprie
teorie a proposito dell’utilizzo di corpi miliari segreti, agenti ed
assassini da impiegare per mantenere l’ordine, oltre a quelle relative
all’utilizzo della forza militare diretta in senso stretto.
A
partire dal 1523, Inigo di Loyola si era ripreso a sufficienza dalle
ferite subite tanto da poter tornare in servizio, e tra il Maggio e il
Giugno di quello stesso anno, egli fu nominato, dallo stesso Carlo V,
ambasciatore a Venezia, allo scopo di concludere un trattato con gli
astuti manovratori politici veneziani, successivamente all’elezione di
un distinto diplomatico e Generale, Andrea Gritti, quale nuovo Doge in
quello stesso anno.
Contrariamente
alle fiabe in base alle quali si sostiene che Loyola si fosse fermato a
Venezia solo per un periodo limitato di tempo, prima di recarsi in
Terra Santa, è quasi certo che, in occasione della conclusione del
trattato, Loyola abbia trovato il clima e l’ospitalità dei Veneziani
particolarmente adatti al suo recupero fisico, oramai in progresso, e
che abbia protratto con tutta probabilità la sua permanenza, ospite del
Doge Andrea Gritti, almeno sino all’inizio del 1524.
Quando fu
richiamato in Spagna da Carlo V nel 1524, non esiste prova alcuna del
fatto che Loyola abbia conosciuto una qualsivoglia “conversione”, se non
una crescente frustrazione e ostilità nei confronti di Carlo stesso,
dopo aver ricevuto l’incarico di Governatore di Salamanca, in Spagna, ed
inoltre per lo scarso interesse mostrato dall’Imperatore in riferimento
alle tecniche raffinate elaborate da Inigo di Loyola e finalizzate alla
creazione e alla gestione di una vera e propria forza di polizia
segreta in grado di soggiogare qualsiasi nemico.
La
goccia che fece traboccare il vaso fu probabilmente il fatto che Loyola
fosse stato relegato ai margini nel corso della campagna coronata da
successo ai danni di Re Francesco I di Francia, successivamente alla
Battaglia di Pavia del 1525, nell’ambito della quale fu semplicemente
nominato accompagnatore del re sconfitto in Francia, in occasione del
suo rilascio, avvenuto nel Marzo del 1526.
Contrariamente
all’assoluta mancanza di interesse da parte di Carlo V riguardo alla
“regola della compagnia” promossa da Loyola, in relazione a forze di
polizia segreta e di sezioni di assassini specializzati da infiltrare
nell’ambito della popolazione comune, Re Francesco, così come i
Veneziani, quasi certamente considerarono tali nuove teorie decisamente
utili per perfezionare ulteriormente l’arte di “governare”.
In cosa
consistettero in effetti i rapporti tra Loyola e Francesco I,
probabilmente non sarà mai reso noto. In ogni caso, ciò che appare
chiaro, è che, da quella fase in avanti, Loyola non si considerò più un
leale soldato dell’Imperatore, era oramai divenuto un agente e un
maestro per quelli che erano stati in precedenza i suoi nemici, i
Francesi, i Veneziani e gli Inglesi.
La
crescente ricchezza e arroganza della Spagna sotto il regno di Carlo V,
anche grazie all’appoggio dei Medici da Firenze, e di Genova, continuò
ad innervosire le altre potenze d’Europa, in particolare gli antichi
alleati di Roma, tanto Venezia, quanto l’Inghilterra. Consapevole di
aver individuato innovative possibilità nelle nuove tattiche militari
impiegate da Loyola, Francesco I di Francia convocò quindi un consiglio
di ambasciatori a Cognac, promuovendo la creazione della Lega di Cognac
nel 1526, che vedeva Francia, Venezia e Inghilterra fare fronte comune
contro la crescente ricchezza e potenza della Spagna oltre che dei
Medici e delle famiglie Lombarde all’opera per il Vaticano. Nella stessa
fase, la “Rivolta dei Contadini” (Peasants Revolt) si scatenò in
Germania, forzando Carlo a destinare il grosso delle sue truppe a
contenere la potenziale perdita di feudi dal notevole valore economico.
Mentre Carlo
veniva distratto dai problemi legati alla Germania, nel 1527, la Lega
di Cognac fece giungere un significativo contingente militare in Italia,
e si mosse per attaccare Roma, a tale attacco corrisposero ribellioni
in numerose città italiane, quali Milano e Firenze, guidate dai Colonna,
contro Giulio de’Medici (Papa Clemente VII). Le numerose migliaia di
truppe comandate da Lorenzo d’Anguillara, inclusa la Guardia Svizzera
Papale, non riuscirono a far fronte agli eserciti uniti di Francia,
Inghilterra e Venezia.
Le
susseguenti tattiche di guerriglia della milizia papale, che si era
progressivamente occultata tra i civili, nel 1527, costarono assai care
alla popolazione di Roma, tanto da ridurre la popolazione romana da
98.000 a 32.000 abitanti in appena 8 giorni. In ogni caso, Giulio
de’Medici (Papa Clemente VII) riuscì a fuggire.
Successivamente,
le forze della Lega concentrarono le loro attenzioni più a sud, in
direzione di Napoli. In ogni caso, l’assedio non ebbe gli esiti sperati,
e tanto l’esercito francese, quanto quello inglese, subirono notevoli
perdite a causa della peste, fu così che ebbero fine le speranze di una
campagna d’Italia rapida e di successo.
L’intero
resoconto storico relativo a tali eventi è stato deliberatamente
mistificato, se non addirittura riportato travisando tuttavia le parti
in lotta, tanto che è stata attribuita allo stesso Carlo V di Spagna la
responsabilità del cosiddetto “Sacco di Roma” del 1527, e non alla Lega
di Cognac. In ogni caso, Carlo riuscì ad utilizzare tali eventi a
proprio vantaggio, tenendo per sè una parte ancora maggiore del prezioso
bottino rappresentato dal Nuovo Mondo con tanto di “legale”
Autorizzazione Papale (Papal Charter).
Al
contrario della mitologia riguardante Inigo di Loyola, in base alla
quale egli è stato definito una sorta di “soldato itinerante”, che in
maniera quasi “magica” pare si sia assicurato una istruzione di livello
elevato presso l’Università di Parigi, appunto presso i suoi precedenti
nemici, Loyola si rese invece responsabile diretto della creazione della
prima Forza di Polizia ufficiale della storia, nell’occasione in cui
Francesco I nel 1527 fuse le antiche cariche di Connestabile (Constable)
e di Maresciallo Sovrintendente (Provost Marshal) creando una nuova
forza nota come “Marèchaussè”, o più formalmente come Connestabile e
Maresciallo di Francia (connètablie et marèchaussè de France) – e
comunemente nota come Polizia.
Per
assicurarsi l’effettività e l’auto-regolamentazione in relazione a tale
nuovo concetto di “forza di polizia” professionale, Inigo affidò agli
stessi effettivi la responsabilità di aderire alla propria
“Costituzione”, rispetto alla quale ogni singolo membro della
“marèchaussè” doveva prestare giuramento in base al principio di “E
Spiritus De Corpus” – vale a dire in base allo “Spirito di Corpo/della
Compagnia”, nel linguaggio comune indicato semplicemente come “spirito
di corpo”.
In
definitiva, nel 1529, Carlo V offrì alla Lega di Cognac una tregua, a
patto che ritirasse le proprie truppe dall’Italia. Tale tregua è passata
alla storia come il Pace (Trattato) di Cambrai, dato che fu firmata
nella omonima località nel nord della Francia.
Il
trattato fornì a Carlo ancora più potere, riconducendo inoltre Giulio
de’Medici (Papa Clemente VII) in Vaticano, a Roma, tuttavia la
condizione posta fu che i membri della Lega fossero assolti dalla colpa
legata al “sacco di Roma”.
In ogni
caso, Carlo V e Giulio de’Medici (Papa Clemente VII) non riuscirono ad
ottemperare a quelle che erano le proprie intenzioni iniziali, ed alla
fine Papa Clemente VII si decise a lanciare un’offensiva per vendicarsi
del tradimento di Venezia, mentre Carlo rinnovò le proprie pretese
presso Enrico VIII in relazione al Nord America.
Nonostante
la propria frustrazione in riferimento ai limiti imposti
progressivamente rispetto alla propria visione, Inigo di Loyola restò
alle dipendenze di Francesco I, almeno fino al 1534. Tuttavia, pare che
Loyola ricevette infine una “più alta chiamata”, in forma di allettante
proposta, da parte di alcuni emissari di Alessandro Farnese e del Doge
Veneziano Andrea Gritti, all’inizio del 1534, proposta che, riassumendo,
sarebbe consistita nel fatto che, se fosse stato possibile “liberarsi”
dell’Imperatore (Carlo V) e di Papa Medici, ebbene a quel punto il sogno
di Loyola sarebbe potuto divenire realtà.
Fu
l’avanzamento di questi piani segreti che portò per la prima volta a
stabilire i primi contatti tra Loyola e Francesco Borgia, il pro-nipote,
per via paterna, di Papa Alessandro VI. Utilizzando l’esperienza
acquisita presso Re Francesco I, Loyola modificò quelle originarie
Costituzioni allo scopo di creare un nuovo Ordine – un Ordine di
“Soldati di Cristo”, tra loro legati da uno Spirito di Corpo
caratterizzato da obbedienza e lealtà assolute nei confronti dei propri
Superiori, pronti a morire senza esitazione “Per la Maggior Gloria di
Dio” (“A Maggior Gloria di Dio”), o AMDG, “Ad Maiorem Dei Gloriam”.
A partire
dall’estate del 1534, Loyola aveva già convocato i propri vecchi
compagni a Parigi affinchè lo assistessero nella creazione di tali nuovi
“Soldati di Cristo”, tra questi vi erano Francisco Xavier (Francesco
Saverio), Alfonso Salmeron, Diego Laynez, e Nicola Bobadilla, tutti
spagnoli, Peter Faber, un francese, e Simao Rodriguez dal Portogallo.
Il “Giorno
dell’Assunzione”, il 15 Agosto 1534, Inigo e gli altri 6 suoi compagni
si incontrarono nella cripta della Cattedrale di Saint Denis (San
Dionigi), presso Montmartre, a Parigi, e fondarono la Compagnia di Gesù –
“per attaccare i nemici della Chiesa ricorrendo a qualunque mezzo
possibile, e per recarsi senza porre alcuna obiezione ovunque il
Generale dell’Ordine avrebbe ordinato”.
In
ogni caso, quest’ultimo non fu semplicemente un giuramento, e un rito.
Poichè in questa prima segretissima cerimonia relativa alla creazione
dei Gesuiti, vi sono le origini delle stesse cerimonie segrete della
Massoneria, che risalgono indietro nel tempo sino al culto di Osiride.
Qui, nella cripta, ogni iniziato “moriva” rispetto al proprio vecchio
sè, giurando assoluta lealtà allo Spirito di Corpo (Esprit De Corps), la
propria lealtà assoluta e senza limiti temporali a Ignazio stesso, in
qualità di “Illuminato”. E’ così che ebbe origine il codice di condotta
morale più rigoroso tra le organizzazioni che hanno fatto la storia
dell’umanità – uno Spirito di Corpo che solo in casi rarissimi è stato
rotto nel corso dei numerosi secoli della sua esistenza.
Successivamente
alla cerimonia, un gruppo, che includeva Loyola, si spostò a nord, nei
Paesi Bassi, per pianificare e porre in atto il tentativo di omicidio ai
danni dell’Imperatore, mentre un altro gruppo si diresse verso Roma per
occuparsi, tramite il veleno trattato nel tristemente noto libro sui
Borgia, del destino di Giulio de’Medici (Papa Clemente VII).
Loyola, e il
gruppo che con lui si era spostato nei Paesi Bassi, fallì nel tentativo
di assassinare l’Imperatore, tuttavia, appena 40 giorni giorni più
tardi, il 25 Settembre del 1534 (a 41 anni), Papa Clemente VII trovò la
morte, e Alessandro Farnese fu eletto nuovo Papa.
Dopo
essere sfuggito alla cattura, Inigo di Loyola non fece ritorno a
Parigi, si diresse invece in direzione di Venezia dove fu calorosamente
accolto dal suo vecchio compagno, il Doge Andrea Gritti di Venezia.
Tuttavia, prima che Venezia sponsorizzasse, con l’appoggio decisivo del
nuovo Papa Paolo III, la creazione della “Forza di Polizia”
internazionale di Loyola, lo stesso Loyola avrebbe dovuto dimostrare
nuovamente il proprio talento fornendo aiuto a Venezia nella creazione
di una nuova forza militare “che operasse sul mare”.
Fino a
questa fase storica, i Veneziani avevano fatto ricorso alle abilità
militari di altri e alle proprie brillantissime capacità a livello
bancario e finanziario per stringere accordi riconducibili a tematiche
di carattere militare, o anche ricorrendo al pagamento di mercenari al
fine di garantirsi adeguate capacità belliche, utilizzando truppe
storicamente note come i “lagunari”. Tuttavia, la potenza militare
dell’Impero Ottomano e gli eserciti professionali sempre più numerosi
dei paesi d’Europa, implicavano che tale capacità bellica “in affitto”
non costituisse più un sentiero strategicamente percorribile –
soprattutto in relazione al fatto che le minacce nei confronti della
potenza veneziana si facevano sempre più numerose.
La
soluzione proposta da Inigo di Loyola ai Veneziani fu la creazione
delle prime unità militari professionali permanenti di Venezia,
denominati ufficialmente Reparti di Marina (Marine Corps) – un esercito
limitato costituito da poche miglia di soldati altamente addestrati,
altamente motivati, legati da un sacro giuramento di assoluta e
incrollabile fedeltà e onore. Il termine “Marine” (di marina), stava ad
indicare appunto il “mare”, mentre il termine “corps” (reparti) stava ad
indicare, in tale contesto, un “banco di cavalieri” (bank of knights),
per cui il primo corpo dei “marine” della storia era riferito,
letteralmente, a una “banda di cavalieri di mare” – la denominazione
“Fanti da mar” (fanteria di marina) rappresenta una deliberata
mistificazione per occultare la loro denominazione ufficiale.
Nel
frattempo, a Venezia, nel 1537, all’età di 46 anni, Inigo di Loyola e i
suoi più fedeli compagni presero i voti, e furono resi Frati Francescani
presso la Basilica dei Frari, giurando fedeltà al “Papa Grigio”, ovvero
al Ministro Generale (dell’Ordine dei Frari/Frati Minori Francescani), e
di conseguenza a Venezia e alla sua partnership con Roma nota come
SANTA SEDE.
Nel
1537, questi neo-membri dell’Ordine dei Frati Minori (Francescani)
viaggiarono in direzione di Roma per incontrare Papa Paolo III, con
Loyola ansioso di onorare la propria promessa e garantirgli i servizi
offerti da tale nuova Polizia, ovvero dalla “Compagnia di Gesù”,
operando per conto dei Veneziani e del Culto Romano che controllava, e
controlla oggi, la Chiesa Cattolica. Tuttavia, le sue ambizioni furono
immediatamente frustrate. In poche parole, un’entità in tale maniera
strutturata, rappresentava decisamente uno strumento di potere troppo
grande, e i Cardinali si dimostrarono decisissimi ad opporsi alla sua
costituzione con ogni mezzo.
Loyola fu
costretto a restare a Roma, alle prese con giochi diplomatici e
politici, impegnato ad offrire concessioni e condizioni, quali quella in
base alla quale il nuovo Ordine avrebbe avuto la propria sede a Roma e
non a Venezia, e fissando regole per l’Ordine che assicurassero la sua
assoluta affidabilità rispetto allo status quo, delimitando inoltre con
precisione i poteri di tale Ordine oramai in rampa di lancio. Alla fine,
dopo tre anni di trattative lunghe e difficili, quelle concessioni
furono sufficienti, a Papa Paolo III, per emanare in tutta tranquillità
una Bolla Papale appositamente dedicata.
Papa
Paolo III fissò i poteri dell’Ordine tramite la Bolla Papale “Regimini
militantis” (27 Settembre, 1540), tuttavia limitò il numero dei suoi
membri a 60. Tale limite numerico ostacolò decisamente il ruolo che
Loyola si era augurato per i Gesuiti, e rese il proprio principale
proposito, quello di rappresentare la più potente forza di Polizia mai
concepita, solo teorico. In ogni caso, esercitando l’arte della pazienza
e ricorrendo ad ulteriori negoziati, tale limite numerico fu
successivamente rimosso grazie alla Bolla Papale “Injunctum nobis” del
14 Marzo 1543.
Un’altra
rilevantissima vittoria, nel corso del processo che condusse alla
attuale struttura dell’Ordine Gesuita, è riconducibile al fatto che
Paolo III emanò una Bolla Papale nel 1545 che permise loro di predicare,
confessare e dispensare i sacramenti ed inoltre di celebrare la messa
senza fare riferimento ad un vescovo – collocando così i membri
dell’Ordine al di fuori del controllo esercitabile da parte del clero
regionale.
Inoltre,
sebbene tecnicamente da considerare dei monaci, la Costituzione di
Loyola era unica nel proprio genere, dato che esentava tali nuovi
sacerdoti (frati) dalla regola della clausura (ovvero dalla vita in
monastero). Al contrario, i monaci Gesuiti erano incoraggiati a “vivere
nel mondo”.
Nel 1546,
Papa Paolo III affidò ai Gesuiti la loro prima missione politica,
nominando Lainez e Salmeron come propri rappresentanti ufficiali presso
il Concilio di Trento, in qualità di Teologi Pontifici. Lainez, con
l’aiuto del Cardinale Monroe, con successo sconfisse praticamente ogni
singola iniziativa in agenda indirizzata alla riforma della Chiesa
Cattolica, assicurandosi che il potere del Papa rimanesse
sostanzialmente intatto se non potenziato.
Inigo (Ignazio di Loyola) morì a Roma, il 31 Luglio del 1566.
Fonte: http://one-evil.org/content/people_16c_loyola.html
FRANCISCO XAVIER (FRANCESCO SAVERIO) S.J.
Elementi Chiave
Altri Nomi: Francisco de Jaso y Azpilicueta
Anno di Nascita: 1496
Luogo di Nascita: Javier, Navarra
Linea di Sangue: Casato di Javier
Sposato: Sì
Figli: Jerome Javier
Anno di Morte: 1552, Dicembre (all’età di 56 anni)
Altri Nomi: Francisco de Jaso y Azpilicueta
Anno di Nascita: 1496
Luogo di Nascita: Javier, Navarra
Linea di Sangue: Casato di Javier
Sposato: Sì
Figli: Jerome Javier
Anno di Morte: 1552, Dicembre (all’età di 56 anni)
Background
Francisco de
Jaso y Azpilicueta (altrimenti noto come Francisco Xavier, o Francesco
Saverio) era il figlio più giovane del nobile basco Juan de Jasso ed
erede del titolo dei Javier, derivante da sua madre, Maria de
Azpilicueta y Javiera. Suo padre era noto per essere un nobile di alto
lignaggio presso la Corte di Re Giovanni III di Navarra (1484-1516).
Nel 1512,
quando Francesco aveva appena 16 anni, la parte meridionale del Regno di
Navarra fu annessa dalle forze di Ferdinando II d’Aragona, comandate
dal Generale Fadrique Alvarez di Toledo dalla Castiglia – una
rappresaglia legata al fatto che la Navarra aveva rifiutato di aderire
alla Lega Santa promossa da Papa Giulio II contro la Francia. Il feudo
dei Javier fu in quella fase annesso dal Regno di Castiglia.
Nel 1516,
quando Francesco aveva 20 anni, suo padre e i suoi fratelli ebbero un
ruolo rilevante nella rivolta, poi fallita, ai danni del giogo di
Manrique de Lara, riuscendo tuttavia a riconquistare Pamplona per un
breve periodo di tempo, ed eliminando lo stesso de Lara. In ogni caso,
il Comandante dei Castigliani (Spagnoli), Inigo di Loyola, riuscì a
riorganizzare le sue truppe, mettendo in rotta e catturando i ribelli,
inclusi Francesco e la sua famiglia.
Come
ricompensa per aver riguadagnato il controllo dell’area, Inigo (Ignazio)
di Loyola, all’età di appena 25 anni, fu nominato nuovo Vicerè, ed
immediatamente intervenne elargendo pesantissime condanne ai danni delle
famiglie nobili ribelli, distruggendo i loro castelli e massacrandone
la massima parte. Ma prima di dare il via a tali atti, offrì ai leader
del movimento dei ribelli la possibilità di cambiare fronte,
collaborando con lui, principalmente allo scopo di creare una locale
“forza di polizia”.
La
concezione che prevedeva piccoli gruppi di uomini ben addestrati in
grado di vivere in mezzo al popolo e di abbigliarsi appunto come
rappresentanti di quest’ultimo per meglio controllare la legge e
l’ordine, piuttosto che risiedere in caserme in gruppi di dimensioni
maggiori ,rappresentava un’idea radicalmente rivoluzionaria per quei
tempi, dato che andava contro buona parte della “tradizionale” strategia
militare legata al principio della “forza preponderante” (overwhelming
force). A ragione, Loyola riteneva che la pura forza bruta non sarebbe
stata sufficiente per conservare il controllo dell’annessa Navarra.
Quando toccò
al padre di Francesco, egli accettò tale ruolo, trasformandosi nel
primo “commissario di polizia”. I resoconti storici in base ai quali
Loyola avesse distrutto il castello dei Javier rappresentano pura e
semplice disinformazione. E’ quasi certo, invece, che il castello dei
Javier sia stato preso di mira da altre famiglie nobili, che vedevano in
Francesco e nella sua stessa famiglia dei traditori. Francesco fu
l’unico a sopravvivere.
Mentre
Loyola dava la caccia e progressivamente provvedeva ad eliminare i
nobili ribelli che si erano resi responsabili del fatto, a Francesco
Saverio fu offerta, ed egli l’accettò, la carica di secondo “commissario
di polizia”.
Nel senso
proprio del termine, Francesco Saverio non può essere considerato a
tutti gli effetti un “Capo della Polizia”, dato che il termine
“Polizia”, (dal Latino Polus= “minore” e ice=”forza d’attacco”) non fu
coniata che ai tempi di Re Francesco I, nel 1527, grazie alla fusione
delle antiche cariche di Connestabile (Constable) e Maresciallo
Sovrintendente (Marshal Provost) al fine di creare una nuova struttura
operativa, da quel punto in avanti nota come Polizia.
Dopo
che la sua famiglia fu massacrata dai nobili ribelli, Francesco Saverio
si dimostrò risolutamente dedito al proprio nuovo ruolo, e al servizio
da prestare a beneficio di Loyola. Fu così efficiente nel suo ruolo che
quando Enrico II tentò di riconquistare il resto del Regno di Navarra
nel 1521, scatenando la propria offensiva con decisione, furono
Francesco Saverio e le sue forze di polizia a sottrarre, tramite la
propria condotta, ingenti contingenti militari dalle forze impegnate a
porre sotto assedio la Cittadella di Pamplona, iniziative che ebbero
come effetto la possibilità per le truppe di Loyola di guadagnare tempo a
sufficienza per organizzare una reazione e sconfiggere i francesi.
Tuttavia,
quando Loyola fu rimpiazzato da Diego di Avellaneda in qualità di
Vicerè, nel 1521, a causa delle gravi ferite ricevute, anche la sua
forza di polizia appena costituita fu congedata, e Francesco Saverio fu
costretto ad abbandonare la Navarra e a viaggiare sotto mentite spoglie,
prima in direzione nord, verso la sezione della Navarra controllata dai
francesi, raggiungendo infine la Francia.
Nel 1522,
mentre il recupero di Loyola lentamente proseguiva, Saverio fece
richiesta diretta di assistenza e ausilio, che Loyola prontamente gli
concesse, assicurando a Saverio fondi a sufficienza per viaggiare sino a
Parigi ed essere ammesso alla locale e prestigiosissima Università,
presso la quale aveva intenzione di completare i propri studi. A partire
dal 1526, Saverio non solo aveva condotto a termine in maniera
eccellente i propri studi, ma era divenuto addirittura docente presso
quella stessa Università.
In
quell’anno, Loyola giunse a Parigi quale rappresentante ufficiale
dell’Imperatore Carlo V, impegnato a ricondurre in patria Re Francesco
I. Saverio e Loyola si ricongiunsero ed anche lo stesso Loyola frequentò
per un breve periodo l’Università di Parigi, allo scopo di perfezionare
ulteriormente le proprie strategie ed idee.
A partire
dal 1527, Loyola, grazie all’aiuto di Saverio, con successo contribuì
alla creazione della prima Forza di Polizia ufficiale della storia,
quando Francesco I, nel 1527, fuse le antiche cariche di Connestabile
(Constable) e Maresciallo Sovrintendente (Marshal Provost) in una nuova
forza, nota come Marèchaussè, in termini più formali definita i
Connestabili e Marescialli di Francia (Constabulary and Marshalcy) di
Francia (connètablie et marèchaussè de France) – e comunemente noti da
allora come Polizia.
Quando
Francesco Borgia, quale alleato ed emissario di Alessandro Farnese e dei
Veneziani, avvicinò Loyola per affidargli una pericolosa missione, al
successo della quale era condizionato il finanziamento della visione di
Loyola relativa a una innovativa ed imponente forza di polizia,
Francesco Saverio fornì il suo contributo in termini di pianificazione
strategica e logistica.
Il “Giorno dell’Assunzione”, il 15 Agosto del 1534, con la benedizione di Francesco Borgia,
Inigo (Ignazio) e gli altri 6 suoi compagni si incontrarono nella
cripta della Basilica di Saint Denis (San Dionigi), presso Montmartre, a
Parigi, e fondarono la Compagnia di Gesù – “allo scopo di attaccare i
nemici della Chiesa e dargli la caccia ricorrendo a ogni mezzo, e di
essere pronti a dirigersi senza porre obiezioni ovunque il Papa avrebbe
comandato”.
E’
praticamente certo che Saverio abbia accompagnato Loyola nei Paesi Bassi
in occasione del fallito attentato che prevedeva l’assassinio
dell’Imperatore Carlo V nel 1534, così come nel successivo tentativo di
sottrarsi agli arresti, viaggiando in direzione di Venezia subito dopo.
Di nuovo,
pare certo che Francesco Saverio di sia dimostrato fondamentale, in
riferimento alla consulenza fornita a Loyola nell’ottica della creazione
del Corpo dei Marines Veneziani nel 1537, ovvero della “banda dei
cavalieri di mare”, tra l’altro l’antesignano diretto del Corpo dei
Marines degli Stati Uniti. In quello stesso anno, con altri compagni di
Loyola, detti anche i “leali”, Saverio prese i voti, divenendo Frate
Francescano presso la Basilica dei Frari (Frati Minori Francescani),
giurando fedeltà al “Papa Grigio”, ovvero al Ministro Generale (dei
Frati Minori Francescani), e di conseguenza a Venezia e alla sua
partnership con Roma, ovvero alla SANTA SEDE.
Nel
1537, Saverio viaggiò quindi con Loyola ed altri membri dell’Ordine dei
Frati Minori in compagnia del loro principale promotore, Francesco
Borgia, allo scopo di ottenere l’approvazione papale per il proprio
Ordine. Papa Paolo III approvò quindi l’Ordine dei Gesuiti con la Bolla
Papale “Regimini militantis” (27 Settembre, 1540), ma limitò il numero
dei suoi membri a 60. Tale limite numerico fu successivamente aggirato
grazie alla Bolla Papale “Injunctum nobis” del 14 Marzo 1543.
Tra le prime
missioni chiave strategiche per i Gesuiti, vi fu quella orientata a
stabilire relazioni a numerosi livelli con le emergenti dinastie
dell’Oriente, le quali (anche con un limitato appoggio militare)
avrebbero potuto contribuire a contenere l’espansione dell’Impero
Ottomano. Le principali priorità erano e restavano i rapporti con
l’Impero Mughal (Moghul) e gli interventi atti ad incidere sul vuoto di
potere determinatosi nella regione della Persia.
Francesco
Saverio fu scelto per condurre tale essenziale missione, accompagnato da
un gruppo di Gesuiti, a partire dal 1541, per ci egli viaggiò
attraverso il Mediterraneo, passando per Il Cairo, quindi per Suez e di
lì in direzione del Mar Morto e lungo le coste dell’Arabia, sino a
giungere in Persia. Per occultare tale missione, e il ruolo chiave in
relazione ad essa ricoperto dai Gesuiti, questo episodio è stato
completamente cancellato dalla storia. La tradizione riporta invece la
versione di un viaggio ridicolo e assolutamente privo di senso
caratterizzato dalla circumnavigazione del continente africano per
giungere infine in Madagascar – in pratica trascurando completamente le
antichissime e più comuni rotte in direzione dell’Iran e dell’India (che
prevedevano il passaggio attraverso l’Arabia) operative da migliaia di
anni.
Nonostante
l’assurdità e la natura assolutamente illogica di tale “primo viaggio”
tradizionale di Saverio e dei Gesuiti – un viaggio radicalmente in
contraddizione con le più comuni e tradizionali rotte commerciali e di
transito di quella fase storica – i Gesuiti e il Vaticano continuano
ancora ai nostri giorni a rifiutare di ammettere che Saverio, o
qualsivoglia Gesuita, abbia mai messo piede in Iran, se non qualche
decennio più tardi.
Saverio e i
suoi Gesuiti giunsero infine in India nel 1542, area in cui stazionarono
sino al 1545, per tornare successivamente in Iran. Nuovamente per
nascondere la tappa in Iran, i Gesuiti hanno sin da quel tempo elaborato
la fantasiosa storia in base alla quale Francesco Saverio avesse
viaggiato avanti e indietro lungo lo Stretto di Malacca.
Nel 1548,
i disciplinatissimi Ottomani, consapevoli della crescente potenza del
Safavide Tahamasp I, che ora beneficiava del contributo dei suoi
consiglieri militari Gesuiti, attaccò e temporaneamente conquistò
Tabriz. Tuttavia, grazie a un “miracolo” ancora più grande, i Safavidi
ebbero successo, in maniera quantomeno singolare, nella propria
controffensiva, riuscendo a ricacciare indietro gli assai più
disciplinati Ottomani. Come ricompensa per il servizio fornito, ai
Gesuiti furono concessi titoli su tutte le terre che circondavano le
antiche rovine di Ray, mentre Tahamasp I si impegnò nella costruzione
della sua nuova capitale Qazvin circa a 145 km a nord-ovest del primo
possedimento Gesuita in Asia.
I Gesuiti
denominarono la loro prima stazione commerciale e possedimento terriero
in Asia quale “Ter’gan” dell’Ordine, termine che in ebraico significa
“giardino benedetto” – un anagramma per “Eden”. Noi conosciamo oggi le
terre concesse ai Gesuiti come la città di Teheran.
Francesco
Saverio fece quindi ritorno in India nel 1548, questa volta fornendo al
Mughal (Moghul) Indiano ciò che egli desiderava – un trattato ed un
accordo commerciale con Tahamasp I.
Fresco del
successo diplomatico riconducibile all’aver costituito rapporti
commerciali tra l’Iran e l’India, Saverio giunse in Giappone nel 1549,
paese in cui sostò fino al 1551, fallendo tuttavia nel suo tentativo di
raggiungere accordi diplomatici di rilievo. Diresse invece le proprie
attenzioni nei confronti della Cina, e, nel Dicembre di quello stesso
anno, approdò sull’isola cinese di Shangchuan, morì tuttavia nel
Dicembre del 1552, all’età di 56 anni.
L’autore
di queste ricerche e conclusioni è Frank O’Collins da Melbourne, nipote
del Teologo Gesuita Gerald O’Collins (verificare qui http://www.libreriadelsanto.it/reparti/libri/autori-e-personaggi/autori-teologia/ocollins-gerald/619.html e qui http://it.wikipedia.org/wiki/Gerald_O%27Collins).
Frank O’Collins ha altri due zii nell’Ordine dei Gesuiti in famiglia, è
stato istruito dai Gesuiti presso il college Francis Xavier (Francesco
Saverio) di Melbourne (qui: http://en.wikipedia.org/wiki/Xavier_College),
e può vantare numerosi antenati ai massimi vertici della gerarchia
ecclesiastica Cattolica, in Irlanda, terra dei suoi avi, e in Australia.
Chi è interessato ad approfondire ulteriormente l’autore in questione
può rintracciare tutte le informazioni che lo riguardano qui: http://www.ucadia.com/frank/frank.htm
Traduzione: Heimskringla
Fonte articolo: http://connessionecosciente.wordpress.com/2013/03/29/il-gesuita-papa-francesco-e-lucifero-le-origini-dellordine-militare-del-nuovo-pontefice-francesco-borgia-ignazio-di-loyola-e-francesco-saverio/
Guarda anche: NUOVO ORDINE MONDIALE: CHI SONO GLI ILLUMINATI?
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